Salvatore Cipolla
(Mirabella Imbaccari 1933 – Sesto Fiorentino 2006)
"Non esiste un giorno di inizio nella mia carriera artistica. Si può dire che ho sempre lavorato". Nato in Sicilia a Mirabella Imbaccari, in provincia di Catania, il 22 aprile 1933, Salvatore Cipolla scopre l’arte e la respira fin dalla prima infanzia. Sin dall’età di quattro-cinque anni, infatti, il padre scultore gli metteva in mano la terra con la quale si divertiva a modellare piccole figure di santi. "Essere nato in una famiglia di ceramisti è stato essenziale per la mia formazione. La ceramica è il ricordo della mia infanzia accanto a mio padre quando la sera dopo cena modellava, a volte anche a lume di candela. Sento ancora il rumore dello stecco di legno che lui adoperava per plasmare piccole sculture assolutamente in perfetto silenzio, poiché allora non esisteva la televisione e le radio erano prerogativa dei benestanti; quei giorni li ricordo con nostalgia e li custodisco gelosamente poiché mi hanno insegnato ad amare questa materia in maniera sconfinata". Fu così che nel 1944, a soli 11 anni, decise di trasferirsi a Comiso per studiare ceramica e scultura alla Scuola d’Arte. I suoi primi lavori erano ispirati alle scene di strada (in particolare ai suonatori ambulanti) o alle sue letture di bambino come il "Don Chisciotte" di Cervantes. Un tema quest’ultimo che ritroveremo anche nelle sue opere più mature. "Io mi sento ancora un Don Chisciotte che combatte contro un certo tipo di cultura". Uno di questi lavori realizzati per la Scuola d’Arte finì addirittura al Museo di Ceramica di Faenza. A Comiso era ospitato dallo scultore Giuseppe Micieli, una figura assai importante, dopo quella del padre, per la sua formazione perché fu lui a fargli scoprire quegli autori moderni come Picasso, Adolfo Wildt, Marino Marini, Braque ed altri, ai quali resterà legato idealmente per tutta la vita.
Terminati gli studi primari, decise di iscriversi, nel 1947, all’Istituto d’Arte di Caltagirone per seguire un corso biennale di perfezionamento in ceramica. Salvatore, però, non si sentiva stimolato nella creazione di quelle figure di "costume", tipiche della tradizione locale: i classici giocatori di carte, i pescatori, i ricottari. Così, dopo soli due mesi, tornò a Mirabella per convincere la madre a trasferirlo a Firenze, ma quelli erano anni duri per la famiglia che non poteva contare sul sostegno del padre, purtroppo morto da poco. Nonostante tutto, la voglia di realizzare il proprio sogno e di emergere ebbero la meglio. Nel 1949 Salvatore riuscì a raggranellare qualche soldo grazie ad una serie di disegni che vendette ad un compagno di scuola. "Tutta la mia vita è partita da queste prime cinquemila lire che riuscii a guadagnare". Con questi soldi, a soli 16 anni, partì alla volta di Firenze portandosi sottobraccio una cartella di disegni e fotografie con ritratti di generali e uomini politici.
Prima di raggiungere la città medicea, Salvatore venne ricevuto a Niscemi dal senatore Samperi – uno dei personaggi da lui ritratti – che, riconosciuto il talento del giovane ragazzo, gli scrisse una lettera di presentazione per farsi aprire le porte di Palazzo Madama. Proprio a seguito dell’incontro con un senatore romano, Cipolla poté ottenere il tanto agognato trasferimento all’Istituto di Porta Romana di Firenze e una borsa di studio di seimila lire al mese. Era l’inizio di un lungo e felice cammino artistico. Già l’anno successivo lo vede vincitore alla mostra di ceramica di Sesto Fiorentino, dove si era stabilito, e a diversi concorsi nazionali di ceramica che gli valsero premi e pubblicazioni.
Dopo aver ottenuto il diploma nel 1953, Salvatore mise mano all’opera "Lotta di gatti" con la quale prese parte al concorso nazionale di ceramica di Faenza aggiudicandosi, nel 1954, il premio ex aequo dell’Ente Turismo di Ravenna. Tra il 1956 e il 1960 proseguirà la sua formazione artistica completando gli studi all’Accademia di Belle Arti, sempre a Firenze, sotto la guida di Pericle Fazzini e Antonio Berti. Anni importanti soprattutto per il legame stretto con il maestro marchigiano Fazzini. Dopo lui, infatti, ad eccezione di Xanti Schawinsky, non intratterrà rapporti significativi con altri artisti a lui contemporanei. "Con Fazzini avevo un rapporto molto bello perché lui aveva per me una stima totale". Il suo maestro – ricorda Salvatore – odiava chi copiava pedissequamente il suo lavoro o quello di altri e, perciò, lasciava una grande libertà di espressione. "A lui piaceva molto quel mio mondo di allora, tra sognato e reale". Tante le loro discussioni sull’arte e gli insegnamenti che ne trasse per ciò che riguardava la tecnica scultorea, senza che però le opere di Salvatore risentissero della sua influenza. La sua prima produzione, infatti, si avvicinava molto più alla lezione dell’arte antica: l’arte primitiva, gli egizi, gli ittiti, gli assiri, i babilonesi, le statuette di Tanagra, le suggestioni etrusche, le figure della Grecia arcaica fino ad arrivare al Medioevo e a Giovanni Pisano. Influssi che rimarranno una costante delle sue sculture.
Durante l’Accademia, oltre a produrre opere per le mostre, lavorava anche per le fabbriche di ceramica. Nel 1963, però, quando decise di sposarsi con Adriana – che poi gli darà due figli, Pino e Gianni –, scelse di dedicarsi all’insegnamento che gli consentiva di avere più tempo per le sue creazioni e ricerche artistiche. Da allievo, salirà così sulla cattedra dell’Istituto di Porta Romana dove rimarrà per trent’anni. Scultura, ceramica, pittura e grafica, Salvatore è sempre stato un artista a tutto tondo che ha sperimentato qualsiasi tecnica e materiale: dal grès, alla porcellana, alla maiolica, all’alabastro, al metallo, al rame, al vetro, al legno. "Mi piacerebbe fondere tutte le esperienze in una, impastare tutto così come faccio con le terre, con gli smalti, per ottenerne una nuova ma con un substrato culturale forte".
Dal 1960 inizia la lunga serie delle sue mostre che toccano da nord a sud moltissime province italiane tra cui Milano, Stresa, Brescia, Padova, Vicenza, Catania, Ragusa, Stia, Genova, Savona, La Spezia, Bologna, Roma, Lecce, Taranto, Reggio Calabria, Assisi, Trento, Torino, Benevento e quasi tutte le più importanti città e capoluoghi della Toscana.
Tra le personali ricordiamo: Salone Rinascita a Sesto Fiorentino (1960), Galleria d’Arte moderna Vannucci a Pistoia (1963), Palazzo Ghibellino a Empoli (1967), Galleria d’Arte Elicona a Lecce (1968), Galleria d’Arte moderna "Il Tridente" di Grosseto (1969), Galleria d’Arte "Il Brandale" a Savona (1970), Museo Civico di Bologna (1973), Galleria Comunale d’Arte contemporanea di Arezzo (1983), Circolo Nuova Italsider a Taranto (1985), Biennale di ceramica di Reggio Calabria (1986), Palazzo Novellucci a Prato (1988), Kurhaus a Merano (2000), le esposizioni di Firenze alla Fortezza da Basso (1994) e alla Galleria dell’Accademia delle Arti e del Disegno (1999), la mostra all’interno del complesso museale di Santa Maria alla Scala a Siena (2004).
Tra le collettive, sono significative le partecipazioni ai concorsi di ceramica di Faenza (1954-59) e Vicenza (1955), alle Biennali di scultura di Arese (1976), Comiso (1977), Stia (1978 e 1986), Rho (1978), Gallarate (1979), e alle Biennali di ceramica di Montecatini (1979-84) e Caltagirone (1984).
Nella sua felice carriera, Salvatore ha spesso rappresentato l’Italia esponendo – sempre su invito – alle mostre di scultura organizzate, dal nostro Paese o dal Museo della ceramica di Faenza, presso sedi pubbliche internazionali. Nel 1962 fu ospitato a Berlino, nel 1963 a Parigi, nel 1968 a Monaco di Baviera, nel 1973 ad Amburgo. Nel 1978 fu, poi, invitato dalla Quadriennale d’Arte moderna di Roma a partecipare alla Biennale della piccola scultura di Budapest. Seguirono, nel 1992, le mostre al Museo Nazionale della ceramica della Repubblica Cinese di Taiwan e, nel 1996, in Argentina, prima al Museo Municipal de Arte Moderno a Mendoza poi al Museo Provinciales Augustin Gnecco Frankin Rawson di San Juan. Tra le prime esposizioni personali a livello internazionale, un ricordo speciale va a quella tenuta, nel 1974, alla Galleria d’Arte Moderna "Muesterberg" di Basilea: in quell’occasione Salvatore poté conoscere Xanti Schawinsky, uno dei grandi maestri della Bauhaus, allievo di Oskar Schlemmer e poi maestro di Max Bill. Un’amicizia che lasciò un segno profondo nella sua vita di uomo e di artista. Importanti anche le mostre allestite a Stoccarda (1975), ad Aubervillier (1978) e ad Anversa (1996). Sue sculture sono state acquistate da collezionisti privati negli Stati Uniti e in Giappone, ma anche da musei stranieri come il Museo nazionale di Atene e quello di Taiwan, il più grande museo della Cina per la ceramica. Le sue opere sono presenti anche in molte sedi pubbliche italiane: Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, Museo della Ceramica di Vicenza, Museo delle opere vincitrici al Concorso internazionale di Gualdo Tadino, Museo di Castelli e di Cervia, Galleria comunale di Arte contemporanea di Arezzo e di Stia, Pinacoteca di Empoli, Museo nazionale d’Arte Contemporanea Pro-Civitate Christiana di Assisi, e Castello dell’Imperatore di Prato (5 sculture con cui Salvatore ripercorre la storia di Federico II).
La sua fervida creatività si è potuta liberare ed esprimere in ampi spazi anche grazie alla realizzazione di grandi progetti pubblici. Nel 1960 arrivando primo al concorso di scultura di Borgo San Lorenzo, ottenne di destinare il pannello vincitore alla Scuola elementare della cittadina e di apporre, nel 1979, un altro lavoro in grès sulla facciata della Scuola media. Suggestivi anche gli arredi urbani in grès dipinto, eseguiti tra il 1991 e il 1992, per il centro commerciale di Pontedera e per il giardino delle Scuole elementari di Montespertoli, quest’ultimo intitolato "L’arco e l’ombra". Certamente il riconoscimento a lui più caro è venuto dalla realizzazione, nel 1993, di un monumento per la sua città natale: Salvatore ha potuto arredare la Piazza Aldo Moro di Mirabella Imbaccari con una grande stele, dedicata al tema della pace e della guerra, circondandola di panchine e vasche in grès dipinto. Un altro progetto, che prevedeva l’installazione di un grande arco e di panchine, è stato realizzato invece l’anno successivo in località Gatta, sempre a Mirabella. Nel 2004 ha realizzato una serie di opere in grès policromo e smaltato, tra cui una grande vasca ed una fontana, per la nuova sistemazione di Piazza Sant’Agostino a Prato. L'anno successivo è stato chiamato a realizzare un'altra importante opera pubblica: il Monumento alle Fiascaie, ubicato nell’omonima piazza a Castelfiorentino (Firenze), costituito da una grande stele a tre facce in grès policromo e smaltato.
A partire dalla metà degli anni Ottanta, Salvatore si è anche misurato con opere a tema sacro – anche se in realtà la tematica religiosa era stata già affrontata verso la fine degli anni Cinquanta –, commissionate da alcune chiese toscane. Nella Chiesa di San Giuseppe a Prato possiamo oggi ammirare le "Memorie della Passione" (1985), 14 sculture in grès smaltato per la Via Crucis, e alla Chiesa di Casole del Monte, nei pressi di Pistoia, l’arredo in grès dipinto del presbiterio. Sulla facciata esterna del Centro Pastorale di Tavola (Prato) campeggia l’opera "Resurrezione" (1988) in grès policromo mentre per l’interno della Chiesa dell’Immacolata di Prato l’artista siciliano ha realizzato, nel 1995, un arredo scultoreo completo in grès, legno e vetro. Nel 1996, nella Chiesa di Firenzuola ha installato 22 sculture in grès smaltato rappresentanti la Via Lucis, i quattro Evangelisti, il Figliol prodigo, il paliotto dell’altare, il grande crocifisso e l’area battesimale. Nel 2000 ha invece realizzato la grande lunetta per la Pieve del XII sec. di Borgo San Lorenzo.
In ultimo è opportuno ricordare l’infaticabile attività che Salvatore Cipolla ha svolto come insegnante. Prima presso l’Istituto Statale d’Arte di Porta Romana di Firenze, poi come docente presso Istituzioni pubbliche e private come l’Istituto Tagliacarne di Benevento o il Laboratorio di Vainella a Prato. Con grande generosità si è anche dedicato all’insegnamento dell’arte ai bambini presso le scuole elementari di Montespertoli e Agliana. Come egli stesso amava ricordare: "Per fare scultura non basta avere solo una grande manualità: bisogna essere anche poeti. Solo in questo modo si va oltre la grammatica. Oggi c’è bisogno di più poesia, ed è per questo che da più di dieci anni a questa parte mi dedico all’insegnamento per i bambini delle Scuole elementari. Io vorrei trasmettere a loro la poesia della vita".
Biografia a cura di Michela Cicchinè